        Anche se potrebbe sembrare difficile da spiegare a qualcuno che si approccia oggi al mondo delle moto da competizione, Honda, e in particolare la HRC, oggi sembra avere qualche difficolt&agrave; ma, tra met&agrave; degli anni '80 e la fine degli anni '90, fu in grado di vincere 10 titoli in 500, 6 titoli in 250 oltre a 8 titoli nella Formula TT e soprattutto i primi due mondiali del neonato campionato SBK con la protagonista di questo articolo: la VFR750R, meglio conosciuta come RC30. Una famiglia da corsa Prima di arrivare alla RC30 &egrave; giusto ripercorrere le strade, o meglio, le piste che hanno portato Honda alla realizzazione della VFR750R. Siamo a met&agrave; degli anni '80 e Honda domina la scena sia sul piano commerciale che quello sportivo con le proprie moto. Nel 1983, Freddy Spencer aveva conquistato il primo titolo in 500 della casa dell&rsquo;ala dorata, bissando il successo nel 1985. Nel mondiale Formula TT 1 invece Joey Dunlop vinceva il titolo in sella ad una moto derivata dalla VFR750F (modello che in quegli anni vide un vero e proprio boom di vendite). Le caratteristiche tecniche della VFR750F La VFR750F era una sportiva stradale con un motore V4 da 748cc (747,75cc per l&rsquo;esattezza) di 105cv. Proprio attorno a questo motore nascevano le RS850R e poi RS750R che correvano nei mondiali Endurance e Formula TT. Gi&agrave; perch&eacute; parlare di derivate dalla serie in quegli anni non &egrave; propriamente corretto. Il regolamento dell&rsquo;epoca infatti era molto pi&ugrave; permissivo e consentiva profonde trasformazioni alle moto che diventavano di fatto dei prototipi.  &nbsp; Il dominio Honda negli anni '80 In quegli anni infatti la Casa dell'Ala dorata era pressoch&eacute; l&rsquo;unica ad impegnarsi concretamente in forma ufficiale sia al campionato Formula TT F1 che al mondiale Endurance, il regolamento permetteva di lavorare a fondo sia sul motore che sulla ciclistica tanto che le RS850R del 1984 (dopo che il regolamento mise il limite a 750cc per limitare le prestazioni delle moto) e la RS750R potevano vantare delle ciclistiche derivate dalla NS500 da Gran Premio. Con questa moto Joey Dunlop conquister&agrave; 3 titoli Formula TT F1 oltre che due edizioni del Tourist Trophy, nel 1984 Honda oltre al titolo Formula TT si aggiudicher&agrave; anche il mondiale Endurance con la RS750 gestita da Honda France affidata a Gerard Coudray e Patrick Igoa. La moto che anticip&ograve; la RC30: la RFV750 Nel 1985, la RFV750 debutta in gara sia nel Formula TT che nel mondiale Endurance. La nuova moto uscita da HRC vantava un motore che, pur derivando da quello della VFR750F, adottava bielle e valvole in titanio, pistoni e camme speciali oltre che una trasmissione alleggerita e a sei marce, infine la distribuzione pass&ograve; da quella tradizionale a catena ad una a cascata d&rsquo;ingranaggi.Questo unito ad un nuovo telaio doppia trave in alluminio con rinforzi specifici e a sospensioni e freni ereditati direttamente dalla Honda NS 500 di "Fast" Freddy. La forcella Showa da 43mm con sistema d&rsquo;affondamento TRAC ed un monoammortizzatore sempre marchiato Showa con sistema progressivo Pro-Link. Anche i freni erano i medesimi della moto che disputava il motomondiale con una doppia pinza Nissin a quattro pistoncini che mordeva due dischi da 320mm. La moto raggiungeva cos&igrave; i 130cv pesando in configurazione Formula TT F1 solamente 152kg che salivano a 160kg in versione Endurance per via dell&rsquo;impianto elettrico necessario alle corse di durata. La RVF750 debutt&ograve; a Le Mans nel 1985 ma essendo ancora un progetto troppo acerbo costrinse entrambe le moto schierate al ritiro. In HRC, per&ograve;, misero subito mano alla moto riuscendo a sistemare i problemi di giovent&ugrave; ed affidando la moto a Joey Dunlop che vincer&agrave; nelle stagioni 1985 e 1986 tutte le gare del campionato Formula TT. La RVF750 riusc&igrave; oltre che ad imporsi nelle gare sprint anche nel mondiale Endurance dove conquist&ograve; il titolo con Gerard Coudray, Patrick Igoa e Alex Vieria. Nella stessa edizione inoltre fece il suo debutto sulla RVF750 guidata da Dominique Sarron e Mike Baldwin l&rsquo;iconico monobraccio che da quel momento caratterizzer&agrave; le successive Honda V4. Questa soluzione permetteva oltre ad un cambio gomme pi&ugrave; rapido anche l&rsquo;utilizzo di uno scarico pi&ugrave; performante e quindi la soluzione venne velocemente approvata e portata su tutte le RVF750. La situazione di Honda in America In America negli anni '80, Honda correva con successo nel campionato AMA F1. Nella seconda met&agrave; degli anni '80, per&ograve; il campionato F1 stava lentamente perdendo interesse negli States che invece puntavano al nuovo format della &ldquo;Superbike&rdquo;. Nel 1986 le due classi avrebbero corso insieme ma con classifiche separate e Honda USA rifiut&ograve; di utilizzare le super competitive RVF750 per evitare che quest&rsquo;ultime potessero battere le nuove VFR750F con cui correvano Fred Merkel e Wayne Rainey per evitare che il nuovo modello stradale, da poco in listino, avesse cattiva pubblicit&agrave;. Il compromesso tra Honda USA e HRC fu quello di preparare una nova VFR750F rispettando il regolamento F1 in modo da poter vincere entrambi i campionati con la stessa moto e poterla vendere al pubblico come una moto vincente. Nacque cos&igrave; il progetto &ldquo;6X&rdquo;, una sigla che da quel momento segner&agrave; la storia di Honda.  &nbsp; La nascita della SBK e della RC30  Steve McLaughling convinse la FIM a creare il campionato mondiale Superbike a partire dal 1988. Nel nuovo campionato le moto dovevano essere vere moto derivate dalla serie con un regolamento tecnico pi&ugrave; stringente ma soprattutto abbandonava le corse su strada che facevano parte del calendario del Formula TT in favore delle piste. Cos&igrave; da un lavoro congiunto tra tecnici HRC e uomini del reparto R&amp;D di Honda nasce il progetto RC30.I giornalisti rimasero sorpresi, infatti si aspettavano una moto che nelle linee ricordasse l&rsquo;ultimo modello utilizzato da Honda ovvero la celebre 6X, invece la RC30 non era altro che una RVF750 con targa e fanali. Il motore manteneva solo le misure di quello della VFR750F, con un alesaggio di 70mm ed una corsa di 48,6mm. Tutto il resto era stato completamente riprogettato: blocco cilindri e teste pi&ugrave; piccoli, valvole pi&ugrave; grandi, bielle in titanio viene alleggerita anche la cascata di ingranaggi della trasmissione e la frizione multi disco a bagno d&rsquo;olio sar&agrave; la prima ad avere un dispositivo antisaltellamento. Dotato di una potenza di 118cv a 11.000giri/min (con il limitatore posto a 12.500giri/min) il V4 Honda diventa presto il riferimento per tutte le altre SBK. Rispetto al motore della VFR750F cambia anche l&rsquo;ordine di accensione dei cilindri passando da una disposizione degli angoli biella-manovella a 180&deg; ad una a 360&deg; migliorando l&rsquo;erogazione della potenza. Cambia anche la rapportatura del cambio ora molto pi&ugrave; ravvicinata, come sulle moto da competizione, con una prima molto lunga che permetteva di raggiungere i 120km/h. 3500 VFR750R in due versioni  Il telaio in doppia trave perimetrale in alluminio era lo stesso della RVF750 rinforzato per l&rsquo;uso stradale ed anche il resto della ciclistica discende direttamente dal modello racing con forcelle e mono marchiati Showa regolabili e freni a 4 pistoncini Nissin che mordevano dischi da 310mm. Una delle caratteristiche della VFR750R era la dimensione del cerchio posteriore che non era un classico 17 pollici ma bens&igrave; un 18 pollici con un canale da 5,50, gommato 170/60-18. La moto entr&ograve; in produzione con il primo lotto di 30 moto prodotte direttamente da HRC e assemblate gi&agrave; in configurazione racing privi dunque di specchietti e fari a rappresentare la natura corsaiola della moto. In totale furono prodotte 3500 VFR750R in due versioni, la prima prodotta dal 1988 al 1990 mentre la seconda dal 1990 al 1993. Nel mercato italiano ne arrivarono un numero ridottissimo ad un prezzo di 22milioni di lire, il doppio della VRF750F, ma ci&ograve; nonostante and&ograve; a ruba diventando ancora oggi un pezzo da collezione ricercatissimo con quotazioni che superano i 25mila Euro.  Il successo di Honda in SBK&nbsp;  Nella prima stagione in SBK, la RC30 nonostante alla fine conquister&agrave; il titolo grazie a Fred Merkel, non si rivel&ograve; la moto pi&ugrave; competitiva della griglia, anzi la VFR750R in quella stagione vinse solo due manche. Nonostante questo Merkel si impose davanti ai nostri Fabrizio Pirovano e Davide Tardozzi anche grazie ad un regolamento che in quella prima stagione assegnava punti solo a fine weekend sommando i risultati di Gara1 e Gara2. Il vero salto di qualit&agrave; la RC30 lo fece nella stagione 1989, nella seconda stagione SBK infatti la VFR750R si impose in 8 manche e conquistando 28 podi. Negli anni successivi fino al 1993 la RC30 ormai "vecchia" di qualche stagione paga l'arrivo della nuova 888 di casa Ducati. Dopo cinque stagioni con due titoli mondiali piloti e tre titoli costruttori nel 1993 termina l'esperienza della RC30 che nella successiva stagione verr&agrave; sostituita dalla pi&ugrave; competitiva RC45. Molto pi&ugrave; veloce, tanto da riportare al successo la Casa dell'ala dorata nel 1995, ma comunque, non entrer&agrave; nei cuori degli appassionati come l'antesignana.        

<p>Nata per la pista e solo dopo omologata per la strada. Dopo 35 anni dal lancio resta una delle moto pi&ugrave; amate e sognate dagli appassionati</p>

Honda RC30: la storia della moto che conquistò la SBK e la gente

  Storico successo per Ducati, che si &egrave; aggiudicata la sua prima vittoria nella serie Grand National Flat Track, in occasione della prima prova del campionato USA disputatasi sabato 3 maggio sul circuito dello Yavapai Downs Mile. La vittoria rappresenta il primo significativo successo, in 29 anni di storia di Grand National Twins, per un motore di produzione. Infatti dal 1981 solo motori da gara, prodotti in serie limitata, di Honda RS750 e Harley-Davidson XR750, messi a punto appositamente per il flat track, si erano infatti imposti nel campionato &ldquo;Twins National&rdquo;. Nella gara inaugurale della stagione, di fatto la terza presenza in assoluto per Ducati ad una Grand National, la casa motociclistica bolognese ha dimostrato, insieme al pilota Joe Kopp, di saper battere gli avversari non solo su asfalto, ma anche su terra.  Il &ldquo;Lloyd Brothers Motorsports Ducati Flat Track Project&rdquo; &egrave; iniziato appena un anno fa, quando il pilota Ducati di Superbike Larry Pegram ha coinvolto l&rsquo;amico e co-proprietario di un team di flat track, David Lloyd, convincendolo sul potenziale del motore Ducati da 992cc raffreddato ad aria, di cui aveva intuito il grande potenziale per gare di flat track. Pegram Racing e Lloyd Brothers Motorsports hanno unito le forze per costruire una moto specifica da dirt track partendo da una Ducati Sport 1000. Dopo un rapido test effettuato da Pegram, la moto &egrave; stata iscritta allo Springfield Mile 2009, dimostrandosi fin dalle qualifiche un&lsquo;avversaria pericolosissima per le Harley-Davidson che, da sempre, dominano questo tipo di gare, conquistando il diritto di accesso alla fase finale della prova, riservata ai migliori 18 piloti.  Con diverse modifiche, introdotte durante l&rsquo;estate (tra le quali il motore da 1078cc preso in prestito dalla Ducati Hypermotard e un telaio sportivo personalizzato), Pegram ha partecipato alla gara di Indy Mile dove ha mancato di una sola posizione la qualifica per la gara finale. Facendo tesoro del bagaglio di esperienza accumulato nella stagione 2009, la moto che gareggia attualmente pu&ograve; essere considerata come la terza generazione, derivata da un costante processo di sviluppo e messa a punto. Nella gara inaugurale della stagione 2010, il pilota Joe Kopp ha piazzato il motore Ducati nella posizione che gli &egrave; pi&ugrave; familiare sui circuiti di tutto il mondo: il gradino pi&ugrave; alto del podio. Dopo essere partito in testa, Kopp ha disputato una gara fantastica, animando un confronto diretto con un avversario del calibro di Halbert, e riuscendo a superarlo, sfruttandone la scia nel giro conclusivo, tagliando vittorioso il traguardo con un vantaggio di 0.025 secondi.  Questa gara rappresenta un evento particolarmente significativo, perch&eacute; Ducati ha interrotto il dominio di Harley Davidson in questo campionato, impresa che non era riuscita a nessun altro costruttore negli ultimi 17 anni. La prossima gara per il team ENI USA R&amp;M / Lloyd Brothers Motorsports Ducati sar&agrave; la celebre Springfield Mile, in calendario il prossimo 30 maggio, che vedr&agrave; la partecipazione straordinaria di Larry Pegram su una seconda moto a fianco di Joe Kopp.  Per ulteriori informazioni sul Bicilindrico a L Ducati che ha portato Kopp a questa vittoria, o sull&rsquo; Hypermotard 1100EVO da cui &egrave; stato prelevato, vi invitiamo a visitare www.ducati.it

Joe Kopp vince in Arizona con una Hypermotard modificata per il dirt track

Ducati conquista la sua prima vittoria al Grand National Flat Track

  Si chiama Shadow RS750,  la custom entry leve di Honda. Non &egrave; esposta all&rsquo;EICMA, visto che la Casa di Tokyo non &egrave; presente alla fiera milanese, ma &egrave; una delle novit&agrave; 2010.  La RS750 promette piacere e versatilit&agrave; d'uso ad una clientela molto vasta.  Grazie alla tradizionale configurazione V2 (stavolta con trasmissione a catena), il motore garantisce  grandi capacit&agrave; di adattamento - tanto all&rsquo;utilizzo in citt&agrave; quanto ai trasferimenti pi&ugrave; lunghi.        Lo styling della Shadow RS750 integra i classici elementi delle moto da strada presenti sul mercato europeo. Cuore della RS750 &egrave; un robusto bicilindrico a V di 745cc che eroga prestazioni lineari di potenza e coppia lungo un'ampia fascia d&rsquo;erogazione. L&rsquo;iniezione elettronica PGM-FI garantisce una risposta immediata del gas e fluide accelerazioni fin dai pi&ugrave; bassi regimi, mentre la valvola IACV controlla con precisione l'immissione dell'aria, assicurando il perfetto funzionamento del propulsore anche al minimo e nelle giornate pi&ugrave; fredde. La gestione del carburante viene accuratamente monitorata per ottimizzare l'efficienza del motore, assicurare bassi livelli di emissioni e soprattutto consumi ridotti al minimo...      La ciclistica &egrave; composta da un telaio tradizionale, formato da una robusta unit&agrave; in acciaio a doppia culla con trave dorsale a sezione quadra e piastre del perno in acciaio inossidabile forgiato. L'altezza della sella contenuta in 737 mm permette anche agli appassionati meno alti di poggiare con facilit&agrave; entrambi i piedi a terra. Manubrio e poggiapiedi fanno assumere al guidatore una posizione naturale in sella, consentendo cos&igrave; una completa e rassicurante visuale della strada.   La ruota anteriore da 19" e la robusta forcella da 41 mm rendono ancor pi&ugrave; facile la guida.   Posteriormente, due ammortizzatori tradizionali inclinati in avanti (con precarico della molla regolabile) assicurano una decisa stabilit&agrave; in curva, con un&rsquo;azione sempre fluida e progressiva. Queste caratteristiche, combinate con l'ampio pneumatico posteriore da 150, massimizzano il comfort anche sulle lunghe distanze o con il passeggero a bordo. Anche l&rsquo;impianto frenante &egrave; adeguato allo stile del mezzo, con un ampio freno con disco anteriore da 296 mm con pinza a due pistoncini, mentre la ruota posteriore si affida ad un convenzionale tamburo da 180 mm.

La custom entry level della Casa di Tokyo

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Honda Shadow RS750